di Mario Frongia
Il centravanti livornese come Harvey Keitel-Mister Wolf nel Pulp fiction di Quentin Tarantino. Ma con la maglia del Cagliari, prima di Bari e Frosinone, c’è stato anche l’exploit di Firenze
Nella sbornia generale post miracolo contro il Frosinone, successo da urlo griffato dal bomber marinaio, l’hanno ricordato in pochi. Leonardo Pavoletti è davvero una sorta di salvatore del Cagliari. Per dire, fin dalla trasferta a Firenze del 2018. Più avanti ci torneremo. Intanto, si brinda giustamente al risolutore rossoblù. Dopo la zampata dell’11 giugno scorso a Bari che è valsa la risalita in A, la doppietta ai ciociari dell’ex Eusebio Di Francesco. Una remuntada che ha dell’extranaturale: mai in A una squadra era stata sotto 3-0 fino al 27’ minuto del secondo tempo, per poi prendersi i 3 punti andando a vincere 4-3. Mai. L’autore è il giovanotto di un metro e 90 che Claudio Ranieri ha definito “il mio Altafini!”. Il centravanti ha giocato nella Juve fino ai 40 anni, giocava nei minuti finali e spesso decideva le gare in zona Cesarini. Pavoloso, ingiustamente bistrattato, capace di risorgere da due gravi infortuni l’uno dietro l’altro, sempre pronto a difendere i compagni, specie quelli più deboli, e a immolarsi per la causa, potrà dire la sua come e meglio del brasiliano. Che poi si levi, con un garbo che gli fa onore, qualche sassolino, ci sta. “Certo, mi piacerebbe giocare di più. Ma Ranieri è inattaccabile e non ne sbaglia una. Per il resto – dice - sono in linea con le mie performance: vengo fuori a ottobre” le parole post gara. La carriera è più dietro che davanti. E sei hai dalla tua 473 gare da professionista - la prima in D con l’Armando Picchi nel 2005, mentre le 200 presenze rossoblù in A le ha siglate proprio domenica scorsa alla Domus - e hai segnato 154 reti, 45 con il Cagliari, devi per forza avere equilibrio, buon senso e quel fuoco dentro che, confida, viene dal padre Paolo: “La sua pagella domenicale è la più severa. Pensa che io sia ancora da venti reti a stagione. Ma il suo modo di farmi capire il valore dei sacrifici e del rispetto, mi permette di credere e dare tutto per quel che faccio. E se mi fossi levato la maglia dopo la rete del 4-3, non me l’avrebbe perdonata”. Pavoloso da domenica scorsa alle 15 è sotto un treno. La doppietta - siglata nella partita all’ora degli spaghetti, ha rimesso in carreggiata i rossoblù, ancora penultimi con 6 punti - entra di diritto nella storia. Del calcio e dello sport. “Sembrava che la prima vittoria in Serie A aspettasse di nuovo me. Ad inizio partita ero fiducioso di vincere, poi quando mi sono ritrovato in campo sul 3-2 mi sono detto che avrei dovuto metterci lo zampino. Sono quelle partite che possono dare il là ad una stagione diversa, ci mancava ritrovare queste sensazioni belle di cuore, di voglia, di caparbietà, è stata una vittoria cercata e voluta da tutti”. Ecco, cuore, voglia, determinazione. I vocaboli di chi è abituata a usare saggezza, ne ha viste tante, si è fatto male, è caduto e si è rialzato: uno spot da proiettare nelle scuole dell’obbligo. E forse, non guasterebbe se lo vedessero anche alcuni suoi colleghi. Lui, generoso e abituato in silenzio alla solidarietà e alla condivisione con quanti stanno un passo indietro, si gode Elisa e i due splendidi marmocchi, Giorgino e Brando: “I miei gol più belli!”.
Corsi e ricorsi storici. Il Cagliari 2017/18 paga dazio per le faide interne, note alla proprietà, che conducono alla cacciata di Massimo Rastelli, l’allenatore della risalita da numeri uno della B, mai accaduto prima neanche con il dream team guidato da Gianfranco Zola. Il tecnico di Pompei al debutto in A si piazza undicesimo con 47 punti: record di una neopromossa che resiste. L’anno seguente gli vendono Bruno Alves, Murru e Isla che vengono rimpiazzati da Van der Wiel, Andreolli e Miangue: giocatori a fine carriera, infortunati, acerbi. Lopez è il tecnico designato. Chiude a 39 punti, sedicesimo, e vanno in B Crotone a 37, Verona e Benevento. Pavoloso c’è. E si sente. Segna 11 reti, a 6 c’è Barella. Il match clou è a Firenze, due turni dalla fine. Il Cagliari arriva al Franchi con un punto colto nelle ultime quattro partite e il 4-1 subito dalla Samp. Una sconfitta sarebbe da retrocessione quasi certa. Con la Fiorentina in corsa per l’Europa League si annuncia dura. Eppure, la squadra si salva grazie a un colpo di testa del Pavo, rientrato con un volo privato da Cagliari poche ore prima del match: in nottata Elisa ha dato alla luce Giorgino. Sarà il gol partita. Il Cagliari vede la luce, protetto da San Astori, scomparso due mesi prima. In quella gara ci sono Pioli e Chiesa in viola, Padoin e Castan in rossoblù.
Allenatori e società. Con Eusebio Di Francesco le cose partono male fin dal via. La proprietà dà l’input al tecnico: Pavoletti ha un ingaggio importante, meritato sul campo a suon di reti (di testa è tra i primi nei primi cinque campionati europei, e corrono anche big come Lewandoski e Benzema!). Meglio tenerlo fuori e indicargli la possibilità di essere ceduto. Pavo non molla. Un altro da tagliare è Pisacane. Ma nonostante, o proprio per quello, le interferenze societarie la squadra non decolla, Di Francesco verrà esonerato. Sarà Semplici a tenere a galla i rossoblù con una salvezza miracolosa. Poi, anche per lui ci sarà l’esonero e tutto il resto fino alla vergognosa retrocessione di Venezia. Il resto è storia recente. Con Pavoloso che mette becco, per fortuna, nei destini del club. Ma è meglio non scordare il doppio pesante infortunio e la tempra del gladiatore nel superarli. Il gol al Bari, sotto il diluvio, dopo un minuto dall’ingresso in campo nel recupero, e quelli di domenica al Frosinone, guarda caso allenato da Di Francesco, chiudono l’affresco.
Quanto al suo ruolo «io vorrei sempre giocare – ha precisato Pavoletti – dico la verità, ma come faccio a dire al mister cosa fare che le indovina tutte? Mi faccio degli esami di coscienza, ad inizio stagione non ero in formissima, di solito il mio vero campionato parte ad ottobre, quindi sono in linea. Non mi sento ancora finito, credo di poter dare ancora qualcosa. La specialità dei colpi di testa? E pensate che ora salto con un ginocchio in meno. Non è mai quanto salti in alto, ma è il tempo e il modo a fare la differenza. Forse gli anni di tennis mi hanno insegnato la scelta di tempo».
Sui compagni di reparto «Zito (Luvumbo) sono sicuro che può fare bene. So che è molto attaccato al Cagliari, il suo sogno sarebbe portare il Cagliari a diventare una big. Credo che abbia potenzialità importantissime, deve capire che è un gioco di squadra, a volte con dei dribbling di troppo si stanca e con un uno-due può trarne vantaggio. Come tutti i ragazzi vanno guidati a saper sfruttare bene le sue potenzialità, ha velocità, è cattivo, tira bene, ha visione di gioco, ha tutte le caratteristiche. Ci sono tanti ragazzi bravi, che stanno entrando in condizione, c’è competizione ma è sana. È un gruppo già dall’anno scorso fondato su sani principi. Ieri mi sono trovato abbracciato da Lapadula, Shomurodov, Petagna, come se avessero segnato loro. E quando condividi gli stessi principi nello spogliatoio è sempre più facile, spero che inizino presto a segnare anche loro. Tra poco ci darà una mano anche Gianluca (Lapadula) che l’anno scorso ci ha portato in Serie A».