Buongiorno. Sono un padre separato. Mio figlio, di quattro anni, vive con la madre in un’altra città. Quando ci siamo separati, il Giudice ha stabilito che io possa tenere il bambino tre pomeriggi alla settimana ed a week-end alterni. Fin da subito ho incontrato seri problemi. La madre mal sopporta che porti via il bambino, pretende che trascorra il tempo a casa sua. Quando riesco a portarlo via, anche per farlo incontrare dai nonni, ricevo continue chiamate. Non mancano mai neppure le scuse: raffreddore, mal di pancia, eccessiva stanchezza, troppo freddo, troppo caldo, il covid, le turnazioni che non vanno più bene, le esigenze di lavoro. Vengo al dunque. Da un mese non riesco più ad incontrare mio figlio.
La madre ha smesso di rispondere alle chiamate e ai messaggi, non trovo mai nessuno a casa. L’altro giorno vengo contattato dal centro antiviolenza, che mi convoca per presunti comportamenti sconvenienti (di natura sessuale) che avrei tenuto nei confronti del bambino e che avrebbe riferito alla madre. Durante il colloquio ho appreso che il bambino, su suggerimento dello stesso Centro, era stato già visitato presso la neuropsichiatria infantile e che i medici avevano comunque escluso la presenza di sintomi di disagio o di violenza. Eppure, ancora oggi mi viene impedito di incontrarlo e non ho più sue notizie. Come devo comportarmi?
Caro lettore, pur non avendo elementi sufficienti a fornire un parere preciso, per quanto leggo potrebbero invero ravvisarsi gli estremi di un reato a carico della madre. L’ordinanza con cui vengono stabilite le turnazioni di visita per il genitore non collocatario è un provvedimento dell’Autorità giudiziaria civile che obbliga le parti al suo rispetto. Chi dolosamente manca di dargli esecuzione, incorre nel reato di cui all’art. 388 comma 2 del codice penale. Se dunque gli elementi raccolti portassero a ritenere che la madre abbia agito nel preciso intento di eludere il provvedimento, si esporrebbe al rischio di una condanna. E’ d’obbligo una precisazione: secondo la Cassazione, laddove ricorra un plausibile e giustificato motivo che abbia spinto il genitore affidatario a non rispettare il provvedimento per tutelare l’interesse del minore, verrebbe meno il dolo richiesto per la configurabilità del reato. Pertanto, se realmente il bambino avesse riferito alla madre di aver subito violenza, la decisione di impedire gli incontri paterni escluderebbe il reato, sussistendo un giustificato motivo. Il suggerimento è dunque di verificare anzitutto, anche acquisendo i certificati medici o eseguendo ulteriori accertamenti specialistici, la veridicità di quanto riferito dalla madre, proponendo querela solo nel caso di riscontrata strumentalità dell’accusa.
Avv. A. Argiolas