Caccia pesca e tradizioni. È il nome di un associazione ma sono anche e soprattutto settori che danno occupazione a migliaia di persone. Per conoscere meglio sia l associazione che le problematiche e le prospettive di
questi settori abbiamo posto alcune domande a Marco Efisio Pisanu, presidente dell'associazione in parola.
Per ambientalisti ed animalisti, spesso i cacciatori sono visti come un problema. Cosa risponde?
Premesso che il Cacciatore è un ambientalista vero, non da salotto come tanti che si professano tali, rispondo che tanti ambientalisti e animalisti parlano senza conoscere, probabilmente mossi da una becera ideologia. Il Cacciatore è la vera sentinella dell’ambiente, è colui che vive e protegge la campagna, 365 giorni l’anno, e che contribuisce a mantenere gli equilibri in natura a salvaguardia della biodiversità. Basti pensare che in natura ci sono animali predatori che non sono predati: di conseguenza ci deve pensare l’uomo a mantenere gli equilibri, ad esempio appunto col suo ruolo di cacciatore.
Il settore della pesca è in forte crisi per la concorrenza soprattutto dei paesi del nord Africa, oltre che di Spagna e Grecia. Quali strumenti possono essere messi in campo per rilanciare il settore?
L’Associazione che rappresento non si occupa di pesca professionale, bensì di attività ludiche e sportive. Ad ogni modo crediamo che si debba puntare ad una pesca sostenibile, mettendo in atto tutte quelle azioni che permettano di prelevare dal mare solo ciò che serve; basterebbe ad esempio vietare la pesca a strascico.
Periodicamente tornano in auge ipotesi di istruzione di parchi regionali e nazionali. Qual' è la vostra valutazione su quelli esistenti e su quelli, eventualmente, da istituire?
Vero, e noi siamo sempre in prima linea per contrastarne l’istituzione!
Non siamo pregiudizialmente contrari ai Parchi, ma riteniamo che la legge 394/91, che disciplina le aree protette (non a caso chiamata “la legge dei vincoli”), sia penalizzante per i cittadini e dannosa per le stesse aree. Lo dimostra il palese dissesto bio-faunistico-ambientale del territorio, oltre allo spopolamento dei piccoli centri urbani. Parlo a ragion veduta, infatti mi sono recato personalmente in alcune Regioni Italiane per parlare con la gente del posto.
Qual' è lo "stato di salute" della caccia in Sardegna?
Se per stato di salute si intende dal punto di vista normativo, direi che non versa in buone condizioni. Stiamo aspettando da anni una nuova legge sulla caccia che permetta una maggior tutela. Riteniamo infatti che l’attuale legge regionale 23/98, in cui è prevista l’istituzione degli Ambiti Territoriali di Caccia (ATC), non sia idonea per il nostro territorio. L’unica regione italiana a non aver istituito gli ATC (grazie alle nostre battaglie) non a caso è l’unica regione in cui si esercita la caccia su selvaggina naturale, ad eccezione dei colleghi della penisola che si vedono costretti ad allevare gli animali per poi liberarli, ma quella non è caccia!
Molti cacciatori lamentano una scarsa presenza di selvaggina in alcune zone della nostra isola. Come di potrebbe migliorare la situazione?
Paradossalmente la piccola selvaggina è poco presente in quelle aree in cui insistono le ZTRC (Zone Temporanee di Ripopolamento e Cattura), aree “protette” molto estese interdette alla caccia, la cui finalità è nobile se fosse stato rispettato il fine legislativo (L.R. 23/98, con validità della zona che va dai 3 ai 6 anni. Purtroppo queste zone rimangono chiuse per tanto, troppo tempo: questo causa un processo inverso, infatti queste zone diventano ricettacolo di animali opportunisti (cornacchie, cinghiali, volpi, etc) e creano danni, a volte irreparabili, alla piccola selvaggina e ai fringillidi.
Per migliorare la situazione? E’ abbastanza semplice: bisognerebbe fare un piano per il contenimento degli animali opportunisti e una volta ripristinati gli equilibri far ruotare le ZTRC regolarmente, a differenza dello stato attuale in cui rimangono chiuse anche per oltre 20 anni.
Al contrario ci sono delle zone in Sardegna in cui, soprattutto i cinghiali, sono in sovrannumero e creano numerosi danni. I cacciatori potrebbero essere d'aiuto nel gestire il fenomeno. Venite in qualche modo coinvolti?
Purtroppo in Italia, a differenza degli altri Paesi europei in cui il Cacciatore è un valore aggiunto, i Cacciatori sono considerati dagli pseudo animal/ambientalisti un elemento di disturbo. La nostra categoria può essere di grande aiuto, non solo per gestire il contenimento degli animali in esubero, ma per tutte le tematiche che riguardano l’ambiente e la prevenzione, anche sanitaria. Da anni, alla base dei risvolti epidemiologici, la raccolta di informazioni e dati dal territorio e la sorveglianza attiva e passiva, punti chiave del processo di eradicazione della Peste Suina Africana, hanno sancito il fondamentale ruolo che il cacciatore riveste nella sanità pubblica. Anche l'Unione europea ha riconosciuto ufficialmente l'operato dei cacciatori e il loro determinante apporto ai fini di sancire definitivamente il debellamento della PSA. Ma le attività devono riguardare anche malattie legate alla fauna e alle specie selvatiche di interesse venatorio e non, alcune anche di carattere zoonosico, come la rabbia, la Brucellosi, l’Ehrilichiosi e concorrere alla sorveglianza passiva per la West Nile, l’Influenza aviaria, la Malattia Emorragica del Cervo, e la malattia di Newcastle.