Mario Frongia
C’è tempo, serve fiducia. Ma da ultimi dopo otto gare con due punti, tre reti fatte, sedici subite, la quarta sconfitta di fila, con il poker della Roma in casa e il peggior avvio di sempre, per i tifosi sorridere è dura
E se saltasse il sipario? E se l’ombrello “Claudio Ranieri” dato in pasto alla tifoseria - considerato evidentemente da ammansire - capace di risalire in B in cinque mesi, diventasse, se non lo è già, insufficiente a coprire una palese politica deficitaria? Quella che, una stagione dopo l’altra, da nove anni vede il Cagliari in balia di scelte fallimentari, decise in assoluta solitudine dal presidente? Oppure, con collaboratori più aziendalisti che mai, incapaci o frenati nel mettere nero su bianco un percorso pulito e trasparente. Ma, purtroppo, pronti ad accettare supinamente qualsiasi posizione. Sì, in casa rossoblù si balla. Il momento non è e non potrebbe essere allegro. E c’era da aspettarselo. Dare le colpe a Radunovic non ha risolto il caso di una squadra che in otto giornate ha collezionato 2 punti, segnato tre reti, ne ha subito sedici, è ultima in classifica e ha firmato il peggior avvio di sempre. Il poker della Roma è stato cornice della quarta sconfitta di fila. E anche i meno realisti capiscono che dire “non è era questa la partita per fare punti”, non solo non basta ma non aggiunge né morale né ottimismo. Ecco perché il paravento “Ranieri” potrebbe strapparsi o non bastare a coprire magagne e politiche flop del club. E non lenisce la vergogna parlare di aver “investito sui giovani”, come ha fatto il diesse Nereo Bonato: il Cagliari ha un’età media di 25,4 anni, Torino, Udinese, Frosinone, Bologna e Lecce (24,3, i più giovani della A) ce l’hanno inferiore.
Grandi e piccole, che barba!. In A serve anche organizzazione, orgoglio, coraggio, forza. Inutile riandare al copione stra-abusato con elenco delle cinque grandi nelle prime otto gare: anche le altre l’hanno fatto e lo faranno a breve. Ma Genoa, Frosinone, Verona, Lecce e Monza, possibile competitor del Cagliari l’hanno fatto, mettendo punti in cascina. Mentre stanno soffrendo Empoli, Udinese e Salernitana. Anche per questo, a Salerno - scontro salvezza alla nona giornata! -, nel post sosta per le nazionali, i rossoblù hanno di fronte un compito in classe da non toppare. E sono obbligati ad andare ben oltre qualsiasi limite tecnico, agonistico, mentale. In quest’ultimo segmento Ranieri è un maestro. Ma la trasferta non chiede solo testa. La serie A impone programmazione, esperienza, intuito e competenze. E umiltà: dalla caterva di errori fatti in passato, il patron avrebbe dovuto trarre lezione. Invece la quotidianità, nonostante il miracolo dello scorso anno, è la solita.
Il passato che non si smentisce. I tifosi più attenti - e con un po’ di memoria, che li rende migliori e credibili - ricordano su blog e forum che per molto meno è stato esonerato Semplici: dopo tre giornate, chiamato Mazzarri, cacciato a tre turni dalla fine per prendere l’incolpevole Agostini, mandato anch’egli a casa. Il tutto per retrocedere in maniera ignobile a Venezia, con la Salernitana demolita in casa dall’Udinese, senza essere riusciti a fare un solo golletto al “Penzo”. La regia? Sempre la stessa, quella presidenziale. Al Cagliari non si muove foglia senza l’ok del proprietario. Accade così ovunque? Sì e no. Comunque, se i fatti rivelano incompetenza in campo e fuori, una riflessione andrebbe fatta. Invece no. Il club del presidente, già nel cda dell’Inter, persegue senza remore. E se rimangono autentiche perle i contratti da quattro milioni di euro l’anno per Godin - poi fatto fuori in diretta tv da Capozucca: il numero uno non si espone mai o quasi - o il milione dato a Asamoah, che si era già ritirato per problemi fisici, per sei mesi e neanche duecento minuti in campo, anche il resto lascia basiti.
Il mercato. A giugno Ranieri, dopo il miracolo promozione, pari quasi allo scudetto in Premier vinto con Leicester, ha chiesto due difensori pronti ed esperti per la A. Tra questi, Palomino (Atalanta) e Ferrari (Sassuolo) parevano avere le doti giuste. Il presidente ha detto no. E sono arrivati due stranieri (Wieteska e Hatzidiakos), debuttanti in A. Ha detto di avere attaccanti forti (Lapadula, Mancosu e Pavoletti, ndr) ma che “vanno per i 34 e i 35 anni. Mi serve una punta da doppia cifra”. Hanno trattato una caterva di figure (Nzola, Doukakis, Biorja Mayoral, Cheddira, Colombo) per poi prendere Shomurodov, fuori condizione, e Petagna, l’ultimo giorno di mercato. Inutile meravigliarsi adesso di un apporto insufficiente. E il fatto che Lapadula e Mancosu debbano rientrare, ma non prima di 45-60 giorni, aiuta davvero poco. Tra l’altro, con i denari spesi per i difensori, con in casa anche Goldaniga, si sarebbe potuti andare su un attaccante affidabile e pronto. Come hanno fatto Genoa e Frosinone, se non si vuole scomodare il Torino, che ha preso Zapata, o il Monza che si è rinforzato con Papu Gomez. Ma il patron ha deciso altrimenti. E i risultati si vedono.
Priorità e visione. Detto che a Salerno si dovrà davvero morire in campo, con Ranieri che chiederà il massimo alla squadra, e che al mercato di gennaio manca troppo, ci si chiede quale futuro possa esserci. Gli analisti più attenti segnalano che al patron interessi prioritariamente la partita stadio e l’esito delle bonifiche al disastro ambientale per 23 milioni di euro, come da sentenza del Tribunale di Cagliari, non ancora effettuate dalla Fluorsid come da denuncia del Corpo forestale dello scorso aprile. Tanto che prima della gara di Firenze è uscito allo scoperto, grazie ai Giganti di Monte e prama, sollecitando il pressing al presidente della Regione per avere 50 milioni di euro. Utili a realizzare un impianto polifunzionale - che alla Sardegna serve, Europei del 2032 o meno - che prevede anche un hotel a cinque stelle con oltre duecento camere e un centro benessere di quattromila metri quadri! Il Cagliari nella bufera che rischia di tornare nel calderone della B? “Telefonami tra vent’anni”, cantava Lucio Dalla.