“Tuttavia a oggi in Italia non esiste nessun atto di programmazione nazionale o regionale che definisca priorità, il modo appropriato di affrontarla, e la spesa sanitaria per i soli farmaci aumenta, ma l’aderenza alle terapie è generalmente bassa – si legge in una nota di Salutequità -. E’ evidente che le persone affette da psoriasi hanno urgenza di risposte precise nella programmazione nazionale. Non ci sono dubbi che la malattia risponda pienamente a quei criteri dichiarati nel Piano Nazionale della Cronicità (PNC) che indica come selezionare le patologie croniche da inserire nella parte seconda del Piano ‘…non esistono atti programmatori specifici a livello nazionale, individuati attraverso criteri quali la rilevanza epidemiologica, la gravità, l’invalidità, il peso assistenziale ed economico, la difficoltà di diagnosi e di accesso alle curè”.
La richiesta dell’inserimento della psoriasi nel PNC sarebbe “una svolta importante per dare anche un significato nuovo, rompere la barriera del pregiudizio e guardare in modo lungimirante alla sostenibilità ed appropriatezza del SSN”, spiega ancora la nota.
Richiesta condivisa dal consiglio regionale della Liguria che a luglio ha approvato un ordine del giorno sottoscritto da tutti i gruppi, che impegna la giunta a farsi portavoce presso il Governo affinchè la Psoriasi sia inserita nel Piano Nazionale della Cronicità perchè rientra nel novero delle malattie croniche che richiedono un approccio interdisciplinare e una presa in carico totale del paziente.
La psoriasi sconta una considerazione semplicistica di patologia della pelle, estetica, ma proprio un progetto di ricerca finalizzato del Ministero della Salute (www.psomother.com) chiarisce che le evidenze ormai hanno mostrato che è una malattia immuno-mediata ad andamento cronico-recidivante che si sviluppa per una interazione tra fattori genetici e ambientali, oltre ad essere associata ad altre situazioni patologiche.
“L’associazione psoriasici italiani amici della Fondazione Corazza si batte ormai da molto tempo per l’inserimento di questa patologia nel Piano Nazionale della Cronicità poichè oggi il percorso diagnostico è ancora tortuoso e non formalizzato – sottolinea Valeria Corazza, presidente APIAFCO -. L’inserimento della Psoriasi nel Piano Nazionale Cronicità rappresenterebbe una definizione maggiore della portata della patologia, aiuterebbe a stratificare la popolazione che ne è affetta e implicherebbe lo sviluppo sistematico da parte delle diverse regioni di PDTA a livello specialistico per una migliore presa in carico dei pazienti e un più equo accesso alle cure su tutto il territorio nazionale. Significherebbe elevare la patologia sullo stesso piano di tutte le altre malattie croniche, con pari diritti, perchè la psoriasi non è una malattia di sole ‘due macchiolinè sulla pelle”.
“L’inserimento della Psoriasi nel Piano Nazionale Cronicità – afferma Tonino Aceti, presidente di Salutequità – rappresenta una priorità, soprattutto in questo momento, visto che è in discussione per l’aggiornamento. Sarebbe inaccettabile per i pazienti che ne sono affetti dover attendere altri 7 anni per esser considerati nel successivo aggiornamento: conviene a tutti, pazienti, professionisti sanitari e SSN. Già ci sono regioni che se ne stanno rendendo conto e chiedono un intervento strutturato e uniforme al livello nazionale”.
Alla psoriasi sono associate altre patologie, quali sindrome metabolica (obesità), ipertensione, diabete, depressione dovuta alla severità della patologia e alla localizzazione (per esempio volto, mani, parti intime, zone sensibili), rischio di malattie cardiovascolari. La buona notizia è che curando la psoriasi diminuisce il rischio di infarto e ictus.
Una persona con psoriasi su tre (33%) soffre di una comorbidità, una su cinque (19%) di due, e poco meno di una su dieci (8%) di tre.
In quanto infiammatoria, se non controllata, comporta dei danni cumulativi come per esempio l’artrite psoriasica che compare nel’30% dei pazienti che presentano inizialmente psoriasi solo a livello cutaneo. Si stima che siano 150 mila le persone con patologia in forma severa e che circa 50 mila siano in cura con farmaci biologici e altrettanti 50 mila in lista di attesa.
Dati di una revisione sistematica del 2016 hanno mostrato un tasso di aderenza alla terapia entro l’anno di trattamento compresa tra il 21,6% e il 66,6%.
Solo un paziente su 5 in trattamento con agenti topici mantiene la terapia nel tempo (20%); ma 4 su 5 interrompono i trattamenti (80%).
Tra coloro che sono in cura con farmaci biologici l’aderenza aumenta considerevolmente e raggiunge l’80%, anche se resta ancora oltre una persona su 10 (13%) che interrompe il trattamento (fonte Clickon, 2021).
Una analisi di Salutequità ha individuato solo l’esistenza di 10 iniziative di carattere gestionale o di definizione di percorso intraprese nelle aziende sanitarie (come ad esempio PDTA aziendali o percorsi clinico-assistenziali), prevalentemente concentrate su percorsi di carattere ospedaliero o ospedaliero-universitario; alcune di essere hanno previsto un collegamento con il MMG, altre sono multidisciplinari (con collegamenti con reumatologia-gastroenterologia).
Nelle Regioni l’attenzione è prevalentemente rivolta all’uso dei farmaci come nel caso di Veneto, Emilia Romagna, Piemonte e Sicilia; anche se ci sono iniziative che interessano il livello locale come il finanziamento dell’ambulatorio “Cross” presso IRCCS “De Bellis” deliberato dalla Puglia (DGR 28 marzo 2022, n. 418).
Per il resto restano ancora valide le difficoltà riscontrate dal Censis nel suo rapporto del 2015: in 7 casi su 10 i pazienti sono passati da uno specialista ad un altro per ottenere una diagnosi corretta e in 5 su 10 si sono rivolti in media a 4 diversi specialisti o Centri prima di individuare l’attuale interlocutore a cui affidarsi per le cure.
Accesso reso ancora più difficile dalla pandemia. Nel 2021, considerando i soli 3 mesi oggetto di monitoraggio, accedere ad una visita dermatologica è stato più complicato rispetto al 2019 e al 2020: le prestazioni a disposizione per gli assistiti ai fini di una diagnosi o di controlli sono state 10.827, meno rispetto ai 2 anni precedenti (11.333 e 11.994).
E’ difficile indicare con precisione i costi che il SSN ed i pazienti sostengono per le cure. Stando agli studi degli ultimi anni i costi sarebbero quantificabili in una forbice che oscilla tra 8.371,61 euro annui per ricoveri, esami di laboratorio e farmaci (2015, studio su 6 centri), fino a 14.210 (2016, valutazione farmacoeconomica su dati amministrativi retrospettivi ASL Caserta). L’International Federation of Psoriasis Associations nella pubblicazione Speaking up for psoriasis Disease in Europa stima il costo totale annuo per persona pari a 11.434 euro, comprendendo i costi sostenuti da SSN e la spesa out of pocket (2022).
I dati certi disponibili sono quelli dell’assistenza farmaceutica che in dermatologia che mostrano trend in aumento della spesa dopo la pandemia: 199,2 milioni di euro (=0,8% della spesa pubblica totale) nel 2021 e 261,7 milioni di euro (1,1% della spesa pubblica totale). Aumento che sconta anche gli effetti di una mancata definizione di percorsi e di programmazione nazionale.
– foto: Freepik –
(ITALPRESS).