Anche “l’assistenza sanitaria integrativa deve essere esigibile, allo stesso modo, da tutti i lavoratori contrattualizzati”, sottolinea.
Inoltre, “c’è bisogno di riqualificare il personale e dare il giusto valore a chi lavora in mare”, dice Verzari. “Va fatto un discorso di formazione e di certificazione”, con l’obiettivo di “avvicinare anche i giovani al mondo marittimo: ci sono alcune figure professionali che sono carenti, ma il motivo non è strutturale, è di intenti. Bisogna creare le condizioni per formare le persone e dare le certificazioni: credo che a quel punto avremo anche spazio per trovare nuovi lavoratori marittimi”, ipotizza. “Dobbiamo impegnarci per questo, tutti, sia gli armatori, sia il governo che è già intervenuto con un paio di novità interessanti che ci aiutano. Speriamo di migliorarle e di implementarle”.
Il settore taxi, poi, “crea molte contraddizioni”: bisognerebbe innanzitutto “regolamentare le piattaforme tecnologiche perchè l’intermediazione tra domanda e offerta penalizza fortemente il mondo dei taxi”. Poi si dovrebbe “regolamentare il rapporto tra i vari vettori, il taxi e gli ncc, attraverso un foglio elettronico di percorso” e infine “creare un registro nazionale delle concessioni, per avere il quadro esatto del settore. Ma ci sono anche problemi regionali diversificati, però se non si fa questo, la situazione non può avanzare”, sottolinea. Ricordando che “a febbraio abbiamo mandato una lettera al ministro dei Trasporti Salvini, per poter essere ricevuti e poter trattare questi argomenti. Servono i decreti attuativi, c’è bisogno di dare risposte: non è colpa dei tassisti se in alcune città c’è confusione, è colpa di chi non agevola questo lavoro e la sussistenza dei diversi attori del trasporto”.
Durante la pandemia, i lavoratori del “settore multiservizi sono stati associati a degli eroi”, salvo “dimenticarsene poco dopo. In quel periodo, venne aumentato il processo di sanificazione degli ambienti: ora, negli appalti, stiamo vedendo che i grandi committenti lo stanno togliendo, come se la pandemia non ci avesse insegnato nulla”. Questo significa anche “ridurre gli orari, penalizzare quei lavoratori che guadagnano poco e mettere a rischio i posti di lavoro: è una mancanza che va sicuramente sanata”.
Questo “è un settore che vive di appalti: a marzo, il Codice degli appalti ha fatto qualche miglioria, come l’applicazione del contratto collettivo del settore, ora però l’interpretazione della norma rischia di penalizzare nuovamente i lavoratori. Noi saremo attenti, non permetteremo che quei lavoratori ‘invisibilì continuino a essere penalizzati: stiamo parlando di un lavoro che ha una retribuzione oraria di poco più di 7 euro all’ora e questa cosa è poco degna di un Paese civile”, conclude Verzari.
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