Buongiorno Avvocato. Volevo sottoporle il mio problema, sperando possa indicarmi una soluzione. Nel 2022 ho finalmente potuto acquistare la mia prima casa, un appartamento in condominio perfetto per le mie necessità anche se di dimensioni ridotte, dove ho fissato la residenza.
Il caso ha voluto che, a distanza di sei mesi, anche l’altro appartamento al mio stesso piano sia stato messo in vendita. Attirato quindi dalla prospettiva di avere una casa più grande ed un piano del condominio tutto per me, ho incaricato un tecnico di verificare la possibile unione dei due immobili e, avuta conferma della fattibilità tecnica, dopo la trattativa con i proprietari ho deciso di acquistare, finanziandomi con un mutuo.
Con i miei 35 anni ho goduto delle agevolazioni di imposta per il primo acquisto e, dichiarando davanti al Notaio che avrei unito questo secondo appartamento al primo, ho potuto nuovamente usufruire delle stesse agevolazioni. Non le nascondo la mia felicità, ma evidentemente la sorpresa era dietro l’angolo.
Contatto infatti il tecnico e chiedo di procedere alla presentazione del progetto in Comune per riunire i due appartamenti, precisando che avevo un tempo stretto da rispettare per poter estendere la residenza prima casa anche al secondo appartamento. Passa un mese, passa il secondo mese ma dal tecnico nessuna informazione precisa. Inizio a preoccuparmi, lo contatto ripetutamente ma nessuna risposta. Soprattutto, nessuna pratica risulta ancora oggi presentata al Comune ed il tempo sta scorrendo. L’altro giorno, stufo di attendere, ho chiesto un appuntamento in studio da lui e, dopo un lungo colloquio, scopro che nonostante le iniziali rassicurazioni, probabilmente non potrò riunire i due appartamenti.
Ho letto su alcuni siti che se non dovessi riunire i due immobili e quindi estendere la residenza anche al secondo appartamento entro un termine stabilito, oltre ad aver dichiarato il falso nell’atto notarile, rischierei di dover pagare tutte le imposte che mi sono state scontate all’inizio per via dell’agevolazione e una considerevole sanzione. Ma la cosa peggiore è che mi ritroverei ad avere una seconda casa, a pagare maggiori imposte e tasse comunali e, soprattutto, svanirebbe il sogno di un unico grande appartamento.
Esiste una possibilità di risolvere questa situazione o mi troverò a scontare oltre il danno anche la beffa di pagare tutte le imposte e le sanzioni? Che strada posso percorrere?
Caro lettore. Come al solito, dare una risposta precisa richiederebbe di visionare tutti i documenti in suo possesso e valutare, quindi, nel caso concreto, la via preferibile da seguire per risolvere la problematica. Basandomi sui dati riferiti, posso quindi fornire una risposta solo in termini generali, ipotizzando la migliore soluzione.
Intendo subito rasserenarla sul fatto che, pur avendo dichiarato in atto notarile che il secondo acquisto era finalizzato alla riunificazione di due unità immobiliari aderenti (dichiarazione di intento), la mancata realizzazione dell’intento non configura necessariamente una “falsa dichiarazione” nell’atto pubblico, a patto naturalmente che la stessa mancata realizzazione sia dipesa da fatti e/o circostanze sopravvenute, non conosciute o conoscibili con l’ordinaria diligenza dal dichiarante al momento dell’atto, e che non sia quindi il frutto di una precisa scelta di godere uno sgravio di imposta non spettante.
Da quello che riferisce però, nel momento in cui si è determinato ad acquistare il secondo appartamento lei era perfettamente convinto, perché in tal senso rassicurato dal parere preventivo di un tecnico, che la riunificazione sarebbe stata possibile e che l’intento si sarebbe realizzato. Non si ravvisano dunque profili di falsità.
Accantonato questo primo aspetto, vorrei invece spendere due parole su quella che, a mio avviso, è la questione più rilevante della vicenda, ossia ciò che conseguirebbe dalla mancata riunificazione delle due unità immobiliari, sia in termini di recupero della maggiore imposta non corrisposta in sede di compravendita che di irrogazione delle sanzioni.
Come avrà già intuito, l’ago della bilancia è rappresentato dalla possibilità tecnica o meno di riunificare effettivamente gli immobili. Riunificazione, o fusione, che non può essere squisitamente di comodo, come l’apertura di una porta che metta in comunicazione i due appartamenti, ma dovrà portare gli stessi ad essere catastalmente considerabili un tutt’uno, nel rispetto quindi della regolamentazione edilizia.
Il primo consiglio è dunque di conferire subito incarico ad un altro tecnico, che verifichi gli immobili e determini definitivamente se gli stessi possano o non possano essere riunificati secondo le prescrizioni del Regolamento Edilizio del Comune di sua residenza e, più in generale, della normativa vigente.
Laddove l’indagine porti ad escludere la fattibilità tecnica dell’operazione, chiederei al tecnico incaricato di redigere una relazione, che descriva l’impedimento e concluda per la impossibilità di portare a termine l’intento dichiarato.
Solo a questo punto si porrebbe il problema di come risolvere l’aspetto tributario. Infatti, la conservazione delle agevolazioni di imposta previste per l’abitazione prima casa dipende dal fatto che sia stata data concreta attuazione, in un momento successivo, all’intento dichiarato in atto pubblico e, quindi, sia stata effettivamente realizzata la fusione degli immobili, con contestuale completamento della pratica catastale che ne segna il momento conclusivo.
Nel caso in cui ciò non avvenga nei termini prefissati, l’Agenzia delle Entrate dovrà senz’altro procedere al recupero di quelle maggiori imposte catastali ed ipotecarie non versate dal contribuente al momento dell’acquisto (9% in luogo del 2% riconosciuto) e, in aggiunta, irrogare una sanzione amministrativa pari al 30%, oltre naturalmente alla richiesta di pagamento degli interessi maturati.
Questo accade se il contribuente rimane inerte rispetto alla realizzazione dell’intento e l’Agenzia delle Entrate, in sede di controllo, accerti che lo stesso ha goduto indebitamente delle agevolazioni d’imposta e sussistano le condizioni per notificare un avviso di accertamento e liquidazione maggior imposta e sanzioni.
Laddove invece, pur superato il termine prefissato, ancora l’Agenzia delle Entrate non abbia notificato l’avviso, il contribuente ben potrà utilizzare l’istituto del ravvedimento operoso previsto dall’art. 13 del D.lgs. 472 del 1997, corrispondendo le imposte dovute e non versate e ottenendo una significativa riduzione delle sanzioni irrogabili.
Nel suo caso tuttavia, visto il breve termine trascorso dall’atto notarile, accertata l’irrealizzabilità tecnica della riunificazione delle unità immobiliari non dipendente da sua volontà, non utilizzerei lo strumento del ravvedimento operoso ma inoltrerei una istanza all’Agenzia delle Entrate competente, dichiarando di intendere revocare l’intento precedentemente dichiarato in atto e chiedendo contestualmente la liquidazione delle maggiori imposte dovute per l’acquisto, conteggiate al netto di quelle già corrisposte.
Così facendo, secondo quanto stabilito dalla Risoluzioni n. 105E del 2011, 112/E del 2012 e dalla Circolare n. 27/E del 2016 della Direzione Centrale, si evita l’applicazione delle sanzioni e si contiene ulteriormente il danno.
E’ evidente, in tal caso si troverebbe ad essere proprietario di una seconda casa e non di un unico immobile, come sperato. Ma questo secondo appartamento, se inutilizzato dalla famiglia, potrebbe comunque essere messo a reddito ed il ricavato impiegato per sostenere il pagamento delle rate del mutuo fino all’estinzione.